Guelfi e Ghibellini hanno rinnovato con spirito di vera e grande fraternità il Patto di Pace Perpetua a Poppi, nella piana casentinese ove è posta la Colonna della Battaglia di Campaldino, e dove, la scorsa Domenica 11 Giugno  2023, si è ripetuto il tradizionale abbraccio alla presenza del Presidente della Regione Toscana Eugenio Giani, della Vicesindaca di Firenze Alessia Bettini e della Vicesindaca di Arezzo Lucia Tanti, accolti dal Sindaco di Poppi Carlo Toni. Questa bellissima, partecipata ed ormai tradizionale cerimonia è stata preceduta dall’altra sentita commemorazione presso il Canto degli Aretini a Firenze. Le celebrazioni hanno incluso una conviviale ed un bellissimo convegno presso il salone del Castello di Poppi dedicato al significato di pace per La Pira e per Dante, cavaliere di Parte Guelfa pienamente coinvolto nella battaglia, con la presenza di tre oratori eccellenti: il dantista professor Domenico Del Nero, la professoressa Patrizia Giunti, presidente della Fondazione La Pira, ed il professor Leonardo Bianchi, docente di diritto costituzionale presso l’Università di Firenze.

La Colonna di Dante

La Battaglia di Campaldino, avvenuta il giorno di San Barbaba, ovvero l’11 Giugno 1289, si è trasformata presto da fatto storico a luogo letterario e artistico. Chi stendeva le cronache nell’epoca contemporanea e subito successiva alla battaglia ne parlò diffusamente. La tradizione popolare avvolse questi eventi di un alone romantico e leggendario. Lo scontro vide combattersi i Guelfi, prevalentemente fiorentini, ed i Ghibellini, prevalentemente aretini. Ad essa parteciparono, tra gli altri, Dante Alighieri e Cecco Angiolieri. La vittoria della Parte Guelfa, dovuta soprattutto al ruolo di Corso Donati, costituì un evento chiave nel processo di progressiva affermazione dell’egemonia di Firenze sulla Toscana. Dante Alighieri, che partecipò personalmente alla battaglia fra i feditori guelfi di Vieri de’ Cerchi, diede il suo contributo riportando parte della sua esperienza nella Divina Commedia, nel canto V del Purgatorio, terzina Bonconte da Montefeltro: “Qual forza qual ventura ti travio’ sì fuor da Campaldino”. Celebre la frase, pronunciata dal poeta, prima dell’impetuosa carica dei ghibellini aretini: “Ebbi temenza molta”. Da queste fonti “letterarie” i fatti ci giungono spesso distorti, come accade nelle novelle di Emma Perodi, ambientate in un Casentino mitico e goticheggiante dove Aimeric di Narbonne muore in battaglia e il suo fantasma si aggira ancora, inquieto. Il luogo della battaglia è ricordato da un monumento, detto “Colonna di Dante”. Fu l’ultima grande battaglia che vide protagonisti i cittadini al posto dei mercenari stranieri guidati dai capitani di ventura.

 

Il Canto degli Aretini

A Firenze, in via di Ripoli, all’incrocio con via Benedetto Accolti, si trova il “Canto degli Aretini”. Si tratta di un piccolo spazio verde recintato da una ringhiera con una colonna posta al centro, sotto la quale c’è una lapide che spiega le origini e la storia di quei pochi metri quadrati che sono sotto l’amministrazione diretta del Comune di Arezzo. Il termine “canto” era utilizzato nella Toscana antica per indicare gli incroci tra due strade e gli angoli che si formavano, una denominazione che prendeva spunto dalla parola greca “kanthos”, angolo. La storia del “Canto degli Aretini” è legata alla battaglia di Campaldino. Dopo la sconfitta dei ghibellini, dove gli aretini persero un’intera classe dirigente, i fiorentini, come era usanza, trascinarono in catene a Firenze molti prigionieri, con l’intento di chiedere un riscatto. Tra questi non solo semplici cittadini, ma anche nobili e personaggi di spicco della città di Arezzo. Alcune centinaia di aretini, le cui famiglie non poterono pagare il riscatto, morirono nelle prigioni fiorentine e i loro corpi vennero poi sepolti a lato di via Ripoli. I capitani fiorentini, secondo la storia che è stata tramandata fino ad oggi, acconsentirono alla sepoltura dei prigionieri in quel lembo di terra a patto che gli aretini sconfitti continuassero a prendersi cura di quel “canto” che da allora fa parte del Comune di Arezzo che, nel 1921, decise di porre in via di Ripoli la colonna che lì sorge ancora oggi. Sul piedistallo una lapide riporta le parole del poeta aretino Isidoro Del Lungo: “Sulla via lungo la quale l’oste Guelfa fiorentina moveva le insegne per andare in terra di nemici questo cosiddetto “cantone di Arezzo” che è del comune Ghibellino proprietà d’ignota secolare origine riceveva dal verso immortale del poeta combattente in Campaldino memoria degli infausti odii da città a città oggi nell’italiana concorde potenza aboliti per sempre”. Il “poeta combattente” rammentato nello scritto altri non è che Dante Alighieri, che prese parte alla battaglia. Il sommo poeta ricorda l’episodio nella Divina Commedia, all’inizio del XXII canto dell’Inferno: “Io vidi già cavalier muover campo, e cominciare stormo e far lor mostra, e talvolta partir per loro scampo; corridor vidi per la terra vostra, o Aretini, e vidi gir gualdane, fedir torneamenti e correr giostra”. In realtà il poeta fa riferimento alla “Giostra del Saracino” da lui vista in terra d’Arezzo. Ogni anno, l’11 giugno, Parte Guelfa e Parte Ghibellina, rappresentata dall’associazione Signa Arretii, insieme alle amministrazioni comunali di Arezzo e Firenze posano una corona di fiori in ricordo di quei morti.

 

Autori

Luciano Artusi e Andrea Claudio Galluzzo