“Senza l’uguaglianza di genere e l’emancipazione delle donne non si possono contrastare il cambiamento climatico e i rischi di catastrofi ambientali”. Questa è la conclusione della commissione sulla condizione delle donne delle Nazioni Unite, che si riunisce ogni anno dal 1947 (Commission on the Situation of Women, UN CSW66). L’ Agenda Onu 2030 – un programma di azione per il pianeta, le persone e la prosperità sottoscritto nel settembre 2015 dai Governi dei Paesi membri dell’ONU – si prefigge il raggiungimento di ben 17 obiettivi. Tra questi, al punto n. 5, si trova anche la parità di genere. A tal riguardo c’è addirittura chi indica l’obiettivo n. 5 come quello fondamentale e cruciale per il raggiungimento di tutti gli altri. Una sorta di elemento necessario e propedeutico che darebbe una svolta alla conquista di tutti gli altri traguardi prefissati.
La linea strategica europea si riassume in tre azioni principali : 1) lotta alla violenza sulle donne, 2) possibilità per le donne di raggiungere posizioni di vertice nel mondo lavorativo e nella politica 3) e adozione della prospettiva di genere in tutti i provvedimenti normativi. Viene allora spontaneo chiedersi quale sia il fil rouge che lega questioni ambientali e di genere, che di fatto appaiono eterogenee e distanti. E’ noto che il cambiamento climatico rappresenti un fattore di rischio per la nostra vita, ma anche una delle principali cause di mortalità al mondo. È oltremodo chiaro che questo tipo di cambiamento vada ad impattare – negativamente – su milioni di persone in termini di qualità di vita e di rispetto dei diritti umani fondamentali, acuendo ulteriormente le situazioni di vulnerabilità e concorrendo a rendere sempre più nette le disuguaglianze sociali ed economiche all’interno delle loro società. Chi ne fa le spese sono poi sempre i paesi più poveri che magari, essendo anche meno industrializzati, hanno contribuito in misura minore all’inquinamento ambientale. Secondo l’Intergovernmental Panel on Climate Change, i cambiamenti climatici avranno fortissimi impatti sulle donne, che sono considerate una delle categorie più vulnerabili proprio perché proporzionalmente più dipendenti dalle risorse naturali pericolosamente minacciate. L’emergenza climatica, quindi, non colpisce tutti nello stesso modo. Da qui il tema Ambiente & Genere.

Le donne vengono colpite in misura maggiore degli uomini, soprattutto nelle aree più povere, sembra assurdo ma la mortalità femminile dovuta ad eventi climatici estremi è superiore a quella maschile e questo dovrebbe essere senza dubbio un elemento di attenzione. Alcuni dati, riportati dalla Risoluzione del Parlamento Europeo sulle donne, le pari opportunità e la giustizia climatica approvata nel 2018 riporta dati poco incoraggianti ma certamente indicativi di una realtà difficile e che richiede di essere affrontata. A tal riguardo si parla difatti di una percentuale di donne sul totale delle persone sfollate a causa di cambiamenti climatici pari all’80% del totale. Inoltre le statistiche ci raccontano che durante le calamità naturali donne e bambini hanno una probabilità di morire 14 volte superiore a quella degli uomini.
E per finire, ma non perché il dato sia meno importante in ordine di valore, le donne costituiscono il 70% degli 1,3 miliardi circa di persone che vivono in povertà nel mondo, poveri che vivono più frequentemente in aree marginali vulnerabili alle inondazioni, agli innalzamenti del livello del mare e alle altre calamità. Le donne sono indubbiamente più esposte e più vulnerabili anche quando si parla di ambiente e clima, ma questo non vuol dire che il loro impegno non sia costante e presente, anzi. Vi sono state diverse personalità che hanno contribuito e continuano nella materia ambientale con costante impegno. Come, tra le tante, ad esempio Anne Karpf sociologa e giornalista, collaboratrice del The Guardian che nel How women can save the planet” tratta secondo una sua visione il tema del cambiamento climatico e della crisi che ne scaturisce. Uno dei motivi che vengono indicati per questa vulnerabilità del mondo femminile pare sia da ricercarsi nel ruolo sociale e culturale della donna. Inoltre si deve ricordare che spesso leggi di moltissimi paesi impediscono alle donne di ereditare ricchezza, possedere terreni, ed accedere al credito. E che, secondo alcune ricerche condotte dalle Nazioni Unite, la donna ha maggiori difficoltà di accesso al mondo del lavoro e alle diverse opportunità ad esso collegate, e per questo hanno minori possibilità di uscire dalla povertà. Tale quadro, già critico, non può che peggiorare in caso di cambiamenti climatici che, come già precisato, influiscono negativamente sulle vite di tutti noi, quindi in maniera ancora più pregnante sulle persone che già si trovano in stato di difficoltà.

In parole povere gli effetti del climate change aggravano la vulnerabilità della donna, economica e di accesso a cibo e servizi, anche perché spesso sono proprio le donne a svolgere un ruolo centrale nella vita quotidiana delle popolazioni soprattutto nelle aree più povere. Altra questione è poi comprendere il funzionamento del meccanismo che porta a queste conseguenze di aggravamento. Ecco perché l’obiettivo n. 5 dell’Agenda 2030. Ecco perché è importante rendere sempre meno accentuato il divario tra uomini e donne fino a farlo scomparire. Perché raggiungere la parità significa migliorare la posizioni di milioni di persone di sesso femminile e migliorare le loro condizioni di vita e di conseguenza quelle dei loro figli. In occasione della Conferenza delle Nazioni Unite sul clima tenutasi a Glasgow nel novembre 2021 è stato dato ampio spazio alle giovani donne e tra i vari documenti approvati nel corso dell’evento è stata affrontata anche la questione dell’integrazione della dimensione di genere nel piano di azione per il clima. Così come in alcuni testi è stata affrontata la tematica genere e ambiente come ad esempio nel volume “Spigolatrici di ambiente. Il contributo delle donne ai cambiamenti climatici”(AA.VV.) nel quale si possono trovare interventi interessanti che adottano un approccio di genere per il miglioramento del nostro pianeta a favore di tutti. E a tal riguardo vi si legge “Vandana Shiva, una delle teoriche più autorevoli dell’ecologia sociale, riprendendo l’associazione millenaria che associa all’idea di femminilità quella di vita e di natura, ritiene che spetti in particolare alle donne – custodi di un sapere primigenio costruito in secolo di familiarità con la terra, difendere l’ambiente dalle conseguenze del cambiamento climatico…” (Luisella Battaglia). Difendere l’ambiente e il nostro Pianeta significa prendersene cura come una madre si prende cura dei propri figli, con una continua dedizione ed attenzione che rimangono inalterati per tutta la vita.

 

Autore

Sara Salti