Ottanta anni fa, il 17 Ottobre del 1942, l’Arma di Cavalleria effettuava la sua ultima carica a Poloy, nello scenario bellico dei Balcani, dove erano impegnati alcuni reggimenti di Cavalleria. Il 17 ottobre 1942 fu il 14° Cavalleggeri di “Alessandria” a caricare i reparti di Tito a Poloy scrivendo l’ultimo atto equestre della Cavalleria militare italiana. Alle ore 13 il reggimento, rinforzato dal IX squadrone carri L e da una sezione di artiglieria, avvistò sulle alture circostanti la località di Poloy forti nuclei titini, che ne minacciavano il fianco sinistro ed il tergo.

Il comandante colonnello Antonio Ajmone Cat decise di rimanere temporaneamente sull’ottima posizione dominante già raggiunta ma, poco dopo stabilizzata quella sosta, venne improvvisamente investito sul fronte e sui fianchi dal fuoco nemico. La pronta reazione degli squadroni arrestò l’attacco e lo contenne fino a quando ricevette l’ordine di ripiegare nella notte su Perjasica da dove era partito all’alba. All’imbrunire il reggimento iniziò il movimento di ritorno mentre la notte calò rapida. All’improvviso il 1° squadrone in avanguardia fu investito da ogni lato da un pesante fuoco di armi automatiche. Il suo comandante, capitano Antonio Petroni, senza esitazione sguainata la sciabola ordinò al trombettiere di suonare la carica trascinandosi dietro i suoi cavalleggeri. Nel mentre il comando del reggimento che seguiva a breve distanza con lo Stendardo, lo squadrone comando e quello mitraglieri partì anch’esso alla carica. Risuonarono ancora gli squilli di tromba, il 3° squadrone caricò a sua volta contro formazioni che scendevano dalle alture di sinistra mentre il 2° squadrone caricò sulla destra. In retroguardia il 4° squadrone caricò ripetutamente anche in difesa dell’artiglieria e degli automezzi. Il capitano Antonio Vinaccia incitò i suoi cavalleggeri finché non scomparve nella mischia. Gli squadroni di “Alessandria “, galoppando e caricando, passarono un primo profondo sbarramento, poi un secondo ed un terzo. La calma, la freddezza ed il coraggio dei singoli cavalieri stupirono e disorientarono l’avversario che non sfruttò la schiacciante superiorità numerica e la posizione favorevole. Innumerevoli furono gli atti di valore di ufficiali e cavalleggeri. Dopo aspra lotta gli squadroni raggiunsero Perjasica e si sistemarono a difesa per la notte.

“Alessandria ” ancora una volta tiene fede al suo motto: “in periculo surgo“. In questa azione perse, tra morti e feriti, nove ufficiali, quattro sottufficiali, 116 cavalleggeri e 160 cavalli. Ai combattenti andranno solo 12 medaglie d’Argento al V.M., diverse di Bronzo e numerose Croci di guerra. In effetti, senza togliere nulla al leggendario episodio di “Savoia” ad Isbuschenskj, accaduto in Russia il 24 agosto dello stesso anno, a Poloy caricò tutto il reggimento, stendardo in testa, mentre ad Isbuschenskj caricarono a cavallo solo due squadroni mentre il resto attaccò appiedato. L’Associazione Nazionale Arma di Cavalleria ha cercato di far riconoscere, anche in tempi recenti, una decorazione allo Stendardo dei Cavalleggeri di Alessandria purtroppo inutilmente.

 

Autori

Rodolfo Puletti e Mario Falciani