Parte Guelfa Botticini Madonna con Bambino in trono tra san Girolamo san Francesco dAssisi santAntonio da Padova e san Ludovico di Tolosa. smallFrancesco d’Assisi nacque nel luogo che si trova tra i fiumi Topino e Chiascio e che scende dal monte Ausciano e degrada alla costiera del monte Subasio, dal quale, Perugia riceve il calore estivo e il freddo invernale dal lato di Porta Sole; dalla parte opposta del monte ci sono invece Nocera Umbra e Gualdo Tadino, in posizione svantaggiosa. Da questa costiera del monte, dove essa è meno ripida, ad Assisi, nacque un Sole per il mondo intero, Francesco, e come il Sole vero e proprio, sorge talvolta dal fiume Gange, all’equinozio di primavera, quando è più luminoso. Perciò, se qualcuno parla di quella città, non la deve chiamare Ascesi, Assisi, ma Oriente, poiché ha dato i natali al santo. Quindi per Dante, Francesco è l’Oriente, e con esso ha inizio un nuovo ciclo, colui che, nascendo con una “illuminazione” completa, potrà unire tutte le scuole.

Sembra che un nesso inscindibile unisca San Francesco a Dante, tanto che il Sommo Poeta ha per Francesco un grande amore, una fede di ammirazione per colui che pur potendo seguire altri ideali, ha il coraggio di rinunziare a tutti i suoi beni “terreni” per sposare, e non semplicemente amare, “Madonna Povertà”. Dante non pone Francesco nel cielo del sole, dove è glorificato per bocca del filosofo domenicano San Tommaso d’Aquino, ma nell’empireo, in un seggio privilegiato subito sotto San Giovanni Battista, lasciando alle sue spalle san Benedetto; san Agostino e tutti gli altri. Ed ecco che il Sommo Poeta, ancora oggi con il suo atteggiamento di ammirazione a Francesco, pone l’atavica domanda: “Dante, fu un frate francescano, o un terziario francescano?” Sicuramente (grazie alle cronache di frate Mariano da Firenze divulgate nel 1600 da Antonio Tognocchi da Terrinca, e grazie all’affresco nella Basilica Inferiore d’Assisi, “Allegoria della Castità” di Giottesca scuola, nel quale sono enunciate le tre famiglie dell’Ordine Francescano, e Dante, è raffigurato da Terziario) sappiamo che da giovinetto frequentò il convento di Santa Croce a Firenze, per apprendere gli studi di filosofia e teologia. L’accertamento tra storia e verità, tra le differenti correnti degli studiosi, forse non avrà mai fine, ma ciò non toglie l’ammirazione di Dante per Francesco documentata dal canto XI del Paradiso. I Francescani hanno reso onore al Poeta nei secoli, commentando e condividendo al popolo i “versi strani” della Divina Commedia nelle chiese, con le opere d’arte che lo raffigurano e con monumenti in suo onore, ma soprattutto custodendo gelosamente le sue ossa in Ravenna. Nel 1519, anche grazie a una supplica di Michelangelo presso il Papa Leone X, venne concesso alla città di Firenze di portare in patria le ossa reclamate del poeta esiliato, ma all’apertura del sarcofago le ossa erano scomparse. I frati Francescani, poco tempo prima, avevano praticato, dal retrostante chiostro, un buco nel muro e nel sarcofago, per “mettere in salvo” i resti del poeta, che consideravano come uno di loro. A nulla valsero le suppliche di restituzione. Lo stesso sarcofago fu poi trasferito nel chiostro di san Francesco e gelosamente sorvegliato.

Nel 1810 sotto l’impero Napoleonico ancora una volta i frati nascosero le ossa per non farle divenire bottino di guerra, tanto da non far sapere più nulla riguardo la loro collocazione fino alla metà dell’Ottocento. Passata la bufera Napoleonica, negli stessi tempi ad Assisi, il 12 dicembre del 1818, dopo seicento anni, anche la salma di San Francesco veniva ritrovata e portata alla luce. A volte, i sottili fili della storia mi si dipanano sotto gli occhi, andandosi a coniugare di propria volontà  nell’oltre le pagine che leggo e studio, ed è allora che mi pongo la domanda se l’onestà intellettuale è un concetto di principio, di virtù, oppure è una paura, una mancanza di coraggio che porta a delle conseguenze di “occultamento” di alcuni fatti storici facilmente trovabili nelle cronache dei tempi, oppure se sono le conseguenze di diatribe e guerre di potere che ledono volontariamente il ricordo di alcune figure importanti del nostro passato. Noi siamo il frutto di quella illusione che chiamiamo tempo, noi siamo il continuo perenne della vita della società che ci ha preceduto, noi siamo parte di quel mistero che ci avvolge quotidianamente, pronti a sfrondare la vegetazione di quella selva oscura che ci toglie luce. Perché l’onestà intellettuale dovrebbe poter essere la libertà dai vincoli materiali e dalle catene che noi stessi ci creiamo. Dante e Francesco, due grandi figure storicamente “catalogate”, ma unite nel loro destino di fari dell’umanità. Ed ecco affiorare al loro fianco la figura di frate Elia, colui che in Francesco vide un grande innovatore, colui che in modo imprevisto avrebbe potuto diffondere il cristianesimo più antico e puro. Sono anni di lotte, tra Papato e Impero per la supremazia dei comuni, anni durante i quali, l’idea imperiale e i suoi rapporti con il Sacro in generale, ma in particolare con il Francescanesimo, non sono sicuramente maturi.

Ombre e luci, ma ancora oggi più ombre hanno avvolto il ricordo e le testimonianze del frate di Cortona. Francesco nel suo testamento, lasciò scritto: “Confesso a Dio Padre e al Figlio e allo Spirito Santo e alla Beata Vergine Maria e a tutti i Santi in cielo e in terra a frate Elia, Ministro Generale di questo nostro Ordine, come a mio signore degno di venerazione tutti i miei peccati”, e poco prima di morire, come riportato da Tommaso da Celano nella “Vita Prima”, rivolgendosi ad Elia disse: “Ti benedico, o figlio, in tutto e per tutto; e come l’Altissimo, sotto la tua direzione, rese numerosi i miei fratelli e figlioli, così su TE e in TE li benedico tutti. In cielo e in terra ti benedica Dio, Re di tutte le cose. Ti benedico come posso e più di quanto è in mio potere, e quello che non posso fare io, lo faccia in TE Colui, che tutto può. Si ricordi Dio del tuo lavoro e della tua opera e ti riservi la tua mercede nel giorno della retribuzione dei giusti. Che tu possa trovare qualunque benedizione desideri e sia esaudita qualsiasi tua giusta domanda”.  Santa Chiara, scrivendo nel 1236 alla Beata Agnese di Praga le diceva: “Attieniti ai consigli del Venerabile e Padre Nostro Frate Elia, Ministro Generale, e anteponili ai consigli di qualsiasi altro e ritienili più preziosi per te di qualsiasi dono”. Le domande sorgono spontanee già nel confrontare la vita prima e la vita seconda di Francesco, scritte dal Celano, fino ad arrivare alla totale esclusione del ricordo di chi fu frate Elia, ma basterebbe considerare solo quanto segue: Elia da Cortona, fu il primo Ministro Provinciale di Toscana; il primo Ministro Provinciale di Terra Santa; il primo Ministro Generale dell’Ordine; il primo Custode del Sacro Convento, della Tomba di San Francesco e della Basilica, proclamata da Gregorio IX “Caput e Mater” di tutto l’Ordine Minoritico, nonché il progettista ed esecutore della splendida Basilica di Assisi dedicata a Francesco. Sicuramente una vita turbolenta fu la sua, una vita che lo vide scomunicato insieme all’imperatore Federico II, che intervenne direttamente a difesa di Elia in occasione della sua deposizione dall’Ordine nel maggio del 1239, allorché fu accusato di tendenze ghibelline, venendo rimosso dall’incarico nel Capitolo Generale che si tenne a Roma per la Pentecoste di quell’anno.

L’Imperatore inoltre lo inviò, tra il 1241 e il 1242, come suo Legato in Oriente, per risolvere la critica situazione tra l’imperatore latino di Costantinopoli Baldovino e quello greco Vatacio di Nicea. Grazie a tutti gli sforzi fatti a favore della riconciliazione tra la Chiesa Greca e quella Romana, l’Imperatore di Costantinopoli gli donò la reliquia della Santa Croce, che è conservata oggi a Cortona, la città natale di frate Elia. Le domande si snodano velocemente come il nostro tempo, ma a testimonianza e perenne memoria, abbiamo la Basilica di Assisi, la splendida costruzione della quale frate Elia fu architetto. Scendendo nella Basilica inferiore, accanto ad un vaso di porfido rosso scuro, possiamo ammirare il monumento funebre alla casa di Brienne, la tomba del re cristiano di Gerusalemme ai tempi di Francesco, quel re che fu il suocero dell’imperatore Federico II. Molti conoscono la storia dell’imperatore Federico II, e molti sanno che egli fu battezzato e visse i primi anni in Assisi, come molti che leggono, potranno riconoscere la sua figura insieme a quella della madre Costanza d’Altavilla scolpiti nella facciata romanica del Duomo di san Rufino in Assisi. Non solo “damnatio memoriae” dunque, ma conoscenza e narrazione delle origini che hanno segnato la vita dell’Ordine francescano, in ricordo del motto che “senza memoria, senza narrazione non c’è futuro e costruzione di identità”. E se quel fascino dell’Estremo Oriente affascinò nel seicento i Gesuiti, oggi un Papa, primo gesuita al soglio pontificio nella storia della chiesa, ha scelto di chiamarsi Francesco cercando di avviare un nuovo ciclo, o come ha espressamente detto: “riscoprire la sapienza francescana. Sono i sottili fili invisibili a rendere possibile l’impossibile.

“…Di questa costa, là dov’ella frange
più sua rattezza, nacque al mondo un sole,
come fa questo talvolta di Gange…”

 

Parte Guelfa Botticini Madonna con Bambino in trono tra san Girolamo san Francesco dAssisi santAntonio da Padova e san Ludovico di Tolosa. 1
Madonna con bambino in trono tra San Girolamo, San Francesco d’Assisi, Sant’Antonio da Padova e san Ludovico d’Angiò, vescovo di Tolosa

 

 

Autore

Elena Tempestini

 

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