Molto spesso diamo per scontato il fatto che la Terra sia l’unico pianeta all’interno del sistema solare ad ospitare delle forme di vita. Diamo per scontata l’acqua che rende il nostro il “pianeta azzurro”, e non un altro corpo sabbioso e sterile come Marte o Venere. Diamo per scontato l’ossigeno che respiriamo. Molto spesso parliamo della natura come se fossimo degli osservatori esterni, dimenticandoci che noi stessi siamo natura, che ne facciamo parte allo stesso modo delle altre specie che abitano il pianeta. E, fra queste specie, la più ingiustamente sottovalutata è sicuramente quella delle piante. Assimilandole quasi al mondo inorganico, perché all’apparenza immobili e non senzienti, spesso dimentichiamo che l’esistenza degli esseri viventi dipende in larga parte dalla fotosintesi che esse mettono in atto.

Ne “La Nazione delle Piante”, l’illuminato professor Stefano Mancuso ci invita ad abbandonare la nostra visione antropocentrica del mondo e ad imparare dal mondo vegetale delle nuove linee guida per abitare il pianeta nel rispetto e nella tutela di tutti gli esseri che lo condividono. Imparando dai comportamenti delle piante e dal loro stare insieme, il professor Mancuso elabora un nuovo modello costituzionale per l’intera comunità dei viventi.

  • Art. 1: La Terra è la casa comune della vita. La sovranità appartiene ad ogni essere vivente. L’uomo ha sempre rivendicato la propria sovranità sul pianeta, conquistata in virtù del suo “grosso cervello” e, quindi, della sua superiorità su tutte le altre specie. Se la Terra dovesse appartenere alla specie più numerosa, l’uomo – che rappresenta solo un misero 0,01% della biomassa totale del pianeta – si posizionerebbe fra gli ultimissimi candidati. Se invece dovesse appartenere alla specie migliore nel perseguire l’obiettivo della vita – ovvero la sopravvivenza –, quella umana resterebbe comunque fuori dalla classifica. Dal suo arrivo, la nostra specie ha contribuito a portare il pianeta a condizioni pericolose per la nostra stessa sopravvivenza. La Nazione delle piante, invece, resiste tranquillamente da centinaia di milioni di anni. Il nostro “grosso cervello”, capace di realizzare opere straordinarie, ci rende davvero esseri superiori? Potrà sembrarci un vantaggio dal punto di vista evolutivo, ma forse, in fin dei conti, non ci avrà davvero aiutati a sopravvivere.
  • Art. 2: La Nazione delle Piante riconosce e garantisce i diritti inviolabili delle comunità naturali come società basate sugli organismi che le compongono.
  • Art. 3: La Nazione delle Piante non riconosce le gerarchie animali, fondate su centri di comando e funzioni concentrate, e favorisce democrazie vegetali diffuse e decentralizzate. L’uomo ha la tendenza a replicare nelle organizzazioni sociali il sistema di funzionamento del proprio corpo, creando strutture centralizzate e piramidali: al vertice c’è un capo/cervello che detta ordini agli altri organi. Queste organizzazioni gerarchiche, in realtà, portano con sé diverse limitazioni. L’estrema specializzazione delle aree del nostro cervello, ad esempio, ne costituisce una fragilità: se un’area viene danneggiata, tutte le funzioni collegate restano compromesse. Se seguissimo il modello decentralizzato secondo il quale si costituiscono le piante, invece, l’autorità sarebbe diffusa e basata sulla capacità d’intervenire nel modo più efficace e rapido sul problema.
  • Art. 4: La Nazione delle Piante rispetta universalmente i diritti dei viventi attuali e di quelli delle prossime generazioni. Onnivoro, carnivoro o erbivoro, a prescindere dal tipo di dieta prescelta, l’uomo è da considerarsi a tutti gli effetti un superpredatore. A differenza delle piante, che sono in grado di convertire autonomamente l’energia solare in nutrimento, l’uomo dipende da altri esseri viventi per sopravvivere. La pericolosità della predazione umana consiste nel fatto che consumiamo a ritmo sempre crescente risorse non rigenerabili. Spesso la nostra vita urbana ci porta a percepire la riduzione della biodiversità come qualcosa di lontano, ma non ci rendiamo conto che ne dipende molto direttamente anche la sopravvivenza della nostra civiltà.
  • Art. 5: La Nazione delle Piante garantisce il diritto all’acqua, al suolo e all’atmosfera puliti.
  • Art. 6: Il consumo di qualsiasi risorsa non ricostituibile per le generazioni future dei viventi è vietato. Un pianeta finito non può fornire risorse infinite, è lapalissiano. Abbiamo sempre a disposizione delle risorse da consumare perché la Terra ne rigenera in continuazione di nuove. Nel 1971 si è iniziato a calcolare l’EOD (Earth Overshoot Day), ovvero il giorno in cui vengono esaurite le risorse prodotte dal pianeta in quell’intero anno. Se nel 1970 riuscivamo ad arrivare “in pari” al trecentosessantacinquesimo giorno, già nel 1971 terminavamo le risorse annuali il 21 dicembre. Nel 2020 abbiamo consumato tutto ciò che la Terra avrebbe prodotto già il 22 agosto. Vuol dire che, con i consumi successivi a quella data, abbiamo eroso le risorse destinate alle generazioni future. Le piante e gli altri sistemi naturali sanno limitare la propria crescita quando le risorse scarseggiano. Crescono finché è possibile farlo. L’uomo, invece, è l’unico essere vivente che crede di poter crescere indefinitamente, preoccupandosi troppo poco della sostenibilità del proprio sviluppo per il pianeta che lo ospita.
  • Art. 7: La Nazione delle Piante non ha confini. Ogni essere vivente è libero di transitarvi, trasferirsi, vivervi senza alcuna limitazione.
  • Art. 8: La Nazione delle Piante riconosce e favorisce il mutuo appoggio fra le comunità naturali di esseri viventi come strumento di convivenza e progresso. La teoria della selezione naturale e della struggle for existence ci induce a dare per assodato che a sopravvivere sia la specie più forte/intelligente/adatta. Ognuno per sé. Invece, anche le creature a prima vista più distanti fra loro sono legate da una serie di relazioni talmente strette che, se modificate, cambierebbero le sorti di tutti gli esseri coinvolti. Il vero motore dell’evoluzione, dunque, non sta nella competizione, ma nel mutuo appoggio fra gli esseri viventi. In natura esistono moltissimi esempi di alleanze fra piante e funghi, che ci dimostrano che è possibile sopravvivere in condizioni talvolta durissime grazie al sostegno reciproco, entrando in relazione e scambiandosi sostanze nutritive. Questa è l’ultima lezione che ci regala la Nazione delle piante: la solidarietà e la cooperazione possono essere la chiave per il progresso di una comunità forte, stabile e democratica.

“Ho immaginato che le piante, come genitori premurosi, dopo averci reso possibile vivere e resesi conto della nostra incapacità di svilupparci autonomamente, corrano di nuovo in nostro soccorso, regalandoci delle regole – in verità, la loro stessa costituzione – da seguire come vademecum per la sopravvivenza della nostra specie”. Stefano Mancuso

 

Autore

Andrea Claudio Galluzzo