Fin dal 1508 la folta e ricca comunità fiorentina operante a Roma aveva progettato di costruire una chiesa dedicata a S. Giovanni Battista e si rivolse al Bramante. Fu scelto di collocarla alla fine di via Giulia, la nuova strada aperta da papa Giulio II, nel quartiere maggiormente abitato dai fiorentini e in prossimità del Tevere. Fu proprio la cedevolezza del terreno sabbioso della riva del Tevere a creare ostacoli e a rimandare i lavori, che erano stati iniziati dal Sansovino verso il 1519. Venne chiamato Antonio da Sangallo, abile costruttore di fortezze, il quale risolse brillantemente il problema, ma i lavori non andarono avanti, sia per problemi di incertezza politica che di carattere finanziario.
Superare quest’ultimo ostacolo, si pensò bene di coinvolgere Cosimo I, con il duplice pretesto di fargli assumere il patronato della erigenda chiesa e con la preghiera di convincere Michelangelo a elaborare un nuovo progetto, ben sapendo che Michelangelo non aveva certo bisogno di essere sollecitato da un Medici, la cui famiglia aveva combattuto e il cui timore lo teneva lontano da Firenze, nonostante i cortesi inviti del granduca: 19 Ottobre 1559 da Roma.
Lettera del Console e dei Consiglieri della nazione Fiorentina a Roma a Cosimo I:
Illustrissimo et Eccellentissimo Signor Duca Signor Nostro osservandissimo
Hevendo questa nostra Natione, devotissima di V. E. Illma., con infinito contento visto per la sua sino de’ X d’Agosto passato quanto benignamente per sua gratia lei habbi non solo approvato la determinatione fattasi del tirare avanti la fabbrica di questa nostra chiesa, ma laudatone l’impresa, et mostro esserli grato che la si metta a esecutione, et con la solita sua binignità acciettatone la prottectione, per gratia da noi riciercatali, in la essecution d’essa, con la gratissima offerta fattane dell’aiuto et favor suo in servitio di tanta pia et santa hopera, et sopra di ciò preso la natione maggior animo all’impresa, et digià per darli principio fatte molte provisione, infra le quale sendo principalmente necessario il disegno con il modello della chiesa, sopra il quale si habbi a dar principio alla fabbrica; et perché sia tal, quale convenga a una chiesa della Natione di V. E. I., principiata dala felice memoria d’un gran Pontefice della sua Ill. Casa, et in una Città come questa, et non far cosa che non corrisponda a tutte queste sue consideratione insieme, et alla grandezza di V. E. I., et per non errar in questo come capo principale di tutta questa bella impresa, ne siamo ricorsi al Nosco Michelagnolo, come quello che per la sufficientia et per l’affettione et come devotissimo Servitore di V. E. I. molto meglio che nessuno altro ne può servire, e pregatolo non vogli in ciò mancarne dell’aiuto suo, con farne un disegno di quel modo che parrà a lui che convenga per una tal fabbrica. Et con tutto che lui per sua bontà si sia offerto prontissimo a far tutto quel che le poche forze sue rispetto alla sua età li conciederanno, et che di già habbi messo mano a far qualcosa, desiderando noi che lui abbracci questa impresa non solo come natione, come particolar delle E. V. I., sì come la seli è dedicata, la supplichiamo perciò humilissimamente ne voglia far gratia d’una sua lettera per il detto Michelagnolo in raccomandatione di questa impresa, come sua particolare, che a lui come desideroso di servirla sempre fia di molto contento et a noi d’infinita sattisfatione. et con la debita reverentia baciandoli le mani etc. etc.
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26 Ottobre 1559 Risposta di Cosimo I ai fiorentini in Roma
Habbiamo scritto a messer Michelagnolo Buonarroto, essortandolo a voler fare il modello per la chiesa di San Giovanni, come desiderate et ci havete ricercato per una vostra de’ 18 di questa, il quale uffitio habbiamo fatto non meno efficacemente che volentieri, per il desiderio tegnamo che la si tiri innanzi, et si faccia cosa degna di tutti quelli respetti che porta seco. La lettera per il detto Michel Agnolo vi si manda con questa, acciò possiate a vostro commodo presentargliela.
Gaye III pdf. 44
Novembre 1559 da Roma. Lettera di Michelangelo a Cosimo I
Illustrissimo Signior Duca di firenze. i fiorentini ànno avuto già più volte grandissimo desiderio di far qua in roma una chiesa di sangiovanni; ora a tempo di vostra Signoria sperando averne più comodità, sene sono risoluti, e ànno facto cinque uomini sopra di ciò, e quali manno più volte richiesto e pregato di un disegno per decta chiesa, sappiendo io che papa leone decte già principio a decta chiesa, ò risposto loro non ci volere actendere senza licenzia e commessione del duca di firenze; ora come si sia seguito poi, io mi truovo una lettera della vostra illustrissima Signoria molto benignia e gratiosa, la quale tempo per espresso comandamento, che io debba actendere aver piacer grandissimo, ònne facti già più disegni, convenienti al sito che manno dato per tale opera i sopra decti deputati: loro, come uomini di gran ingegnio e di giudicio, manno electo uno, elquale in verità mè parso il più onorevole, el quale si farà ritrare e disegniare più nectamente che nonò potuto per la vechiezza, e manderassi alla illustrissima vostra Signoria: e quello si eseguirà che a quella parrà. Duolmi a me in questo caso assai esser sì vechio e sì male dacordo con la vita che io poco posso promectere di me per decta fabrica; pure mi sforzerò standomi in casa di fare ciò che mi sarà domadnato da parte di vostra Signoria, e dio voglia che possa non mancar di niente a quella.
Di vostra eccellenza servitore
Michelagniolo buonarroti in Roma
Nota. Vasari: Finalmente mostrò loro cinque piante di tempi bellissimi, che viste da loro si maravigliarono, e disse loro che scegliessino uno a modo loro, i quali non volendo farlo, riportandosene al suo giudizio, volse che si risolvessino pure a modo loro; onde tutti d’uno stesso volere ne presono una più ricca, alla quale risolutosi disse Michelagnolo, se conducevano a fine quel disegno, nè romani, nè Greci mai ne’ tempi loro fecero una cosa tale: parole che nè prima nè poi usciron di bocca a Michelagnolo, perché era modestissimo.
Gaye III pdf. 45
10 Novembre 1559 Lettera dei Fiorentini a Roma a Cosimo I
Illustrissimo et eccellentissimo Signor nostro osservandissimo
Habbiamo ricevuto la gratissima di V. E. I. de’ XXVI del passato con la lettera da noi per gratia riciercatali per il nostro Michelagnolo in raccomandatione di questa nostra fabbrica della Chiesa. di che a nome di questa sua devotissima natione infinitamente la ringratiamo, conosciendosi per l’effetto che ne ha partorito, quanto eficaciemente per sua benignità lane habbi scritto, avendo tale lettera accieso talmente l’animo di questo ottimo vecchio in servitio di questa santa et pia hopera, vistone la voluntà di V. E. I. che subito abbandonando ogn’altra impresa ha messo mano a questa con infinito suo contento come in cosa propria di V. E. I. et da lui comandatali, et così promessone di brevi giorni un disegno di quel modo che a lui parrà che convenga per una tale fabbrica, il quale subito seli manderà, perché la veda se fia di sua sattisfatione, per seguirsene poi quel tanto che da Lei ne fia ordinato: che havendoli questa sua Natione dedicata tal fabbrica, non si ha da darli principio se non con quel disegno che a Lei aggraderà, et così andarsi seguendo poi in tutto il resto.
Et con tutto che l’impresa sia alle forze nostre grandissima, speriamo con l’aiuto d’Iddio e di Vostra E. I., con qualche aiuto appresso del papa che sarà mediante il favor di quella, in tutti e modi haverne a uscirne a honore. Et con questo buon animo nostro si andrà, subito fatto il papa, se non prima, col nome d’Iddio dando principio sopra quel disegno che intendereno poi sia di sua sattisfatione.
Et con questo fine con la debita reverentia etc. etc.
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2 Dicembre 1559 Lettera dei fiorentini a Roma a Cosimo I
Illustrissimo et eccellentissimo Signor Duca Signor nostro osservandissimo
Havendo il buon vecchio di Michelagnolo per obbedir principalmente a V. E. I. et per sua bontà finito con molto amore e diligentia il disegno della chiesa di San Giovanni, S. Cosimo et Damiano, dove ha messo più fatica et più studio che rispetto alla età sua non pareva fusse credibile, l’haviamo subito voluto mandare a V. E. I., come quelli che desideriamo sopra tutte le cose che questa fabbrica si tiri avanti con intera sua sattisfatione. Però quella sarà per sua benignità contenta farci gratia, perché l’harà considerato questo disegno che seli manda, d’advisarne la sua oppenione, con la quale in tutto conformandoci, come ricerca il nostro debito, c’ingegneremo con l’aiuto d’Iddio et di V. E. I. seguitar per quanto potranno le piccole forze nostre questa santa fabbrica, già dedicata con tutto l’animo all’E. V. I., che se bene la magnificentia dell’Opera supera il nostro potere, non dimeno come cosa propria di V. E. I. speriamo sotto la sua prottectione condurre al debito fine, et humilmente etc.
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22 Dicembre 1559 da Pisa. Lettera di Cosimo I a Michelangelo Buonarroti
Habbiamo visto il disegno fatto da voi per la edification de la chiesa di S. Giovanni, il quale ci è parso molto honorevole et magnifico, come si potea sperare uscendo da le vostre mani et da la excellentia del vostro ingegno, che non può far se non cose perfette, et rendetevi certo se l’intendessimo altrimente, velo diremo confidentemente, sapendo di poter usare con voi questa et maggiore sicurtà. Ringratiamovi della fatica che havete durata per amor nostro, della quale vi tegnamo particolare obligo; et perchè la opera doverà tirarsi innanzi, come mostrano quelli ministri della natione, vi vogliamo pregare per il medesimo nostro amore vi piaccia di assisterli et accompagnarla di tutti quelli aiuti che con vostro commodo potrete venirli subministrando giornalmente, acciò si conduca a la perfettione che si desidera: che oltra il far doppio servitio a noi, non vi harà anco da esser poco caro lassare a honore di dio et benefitio della patria questo accrescimento di più alla vostra gloria. Et N. S. vi conservi.
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5 Marzo 1560 da Roma. Lettera di Michelangelo Buonarroti a Cosimo I
Illustrissimo Signore mio osservandissimo. Questi deputati sopra la fabricha della chiesa de’ fiorentini si sono resoluti mandare Tiberio Chalcagni a V. E. I.; la quale cosa mi è molto piaciuta, prechè con i disegni, che egli porta, ella sarà capace più che con la pianta, che vidde, di quello ci occorrerebbe di fare; e se questi la sadisferanno, si potrà di poi dar principio con lo aiuto della V. E. a fare li fondamenti, e a seguitare questa santa impresa, e mi è parso il debito mio con questi pochi versi dirle, havendomi la V. E. comandato che io attenda a questa fabricha, che io non mancherò di quanto saperrò et potrò fare, sebene per la età e indispositione mia non posso quanto vorrei, e che sarebbe il debito mio di fare per servitio di V. E. e della Natione. Alla quale con tutto il quore mi raccomando e offero, e pregho iddio la mantenghi in felicissimo stato.
Di vostra eccellenza servitor Michelagnio buonarroti
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29 Marzo 1560 da Pisa. Cosimo I a Michelangelo Buonarroti
Le persuasioni vostre non nuoceranno punto alla fabrica di questa nostra natione, sì per l’affettione che vi portiamo, come per vedervi infiammato alla impresa, il che ci fa testimonio che l’habbia a proseguire felicemente. Presto ci risolveremo a quanto siamo ricerchi, nè lasceremo di favorirla con ogni nostro potere. Restaci dirvi che il nostro G. Vasari parlerà con voi dalcune cose attenenti al nostro servitio; sentiremo piacere che lo veggiate volentieri, lo consigliate et il prestiate credenza.
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Giorgio Vasari decise di andare a Roma, al seguito di Giovanni, figlio di Cosimo I, per l’investitura a cardinale. Nella relazione al granduca, Vasari ci informa anche sulle condizioni di salute di Michelangelo, giunto ormai agli 85 anni. Avvalora anche la tesi che il disegno del ponte a S. Trinita, ralizzato dall’Ammannati, fu opera di Michelangelo. In quell’occasione, Vasari gli mostrò anche l’impianto progettato da lui e dal Borghini per il salone dei 500:
8 Aprile 1560 da Roma. Lettera di Vasari a Vasari a Cosimo I
Illustrissimo et Eccellentissimo Signor mio
Arrivai in ROma, et subito ch’il reverendissimo et Illustrissimo Medici ebbe fatto l’entrata et auto da Nostro Signore il capello, che volsi vederla per poter nelle storie che fareno essere stato presente, per non ne dimandare, andai immediate a trovare il mio gran Michelagniolo, il quale non sapendo la mia venuta, con quella tenerezza, che sole ai vechii ritrovando i figlioli inaspettatamente smarriti, mi si avventò al collo con mille basci lacrimando per dolcezza; mi vedde tanto volentieri et io lui, che non ò auto contento maggiore da che io sono al servitio di quella, quantunque molti io ne abbia per mezzo di V. E. I. provati. Ragionammo assai sopra le grandezze, il governo e i miracoli, chel grande Iddio à mostro et mostra giornalmente sopra di lei, dolendosi egli che e’ non possa con le forze così come egli è pronto con l’animo a ogni suo cenno; et che poi che egli non è stato degnio di servilla negli anni migliori, ringratia Dio che ci abbi messo ne, che lo reputa in quel cambio, amandomi et tenendomi come figliolo. Dolsesi non poter ire a vedere il R.o et Illmo. Medici, perchè può poco muoversi, ed è fatto talmente vechio che non si riposa molto, ed è calato tanto che dubito cene sarà per poco tempo, se non lo mantien vivo la bontà d’Iddio per la fabrica di S. Pietro, la quale nà certo gran bisogno, et mi à fatto stupire et cogniosciere che gli antichi reston superati dalla bellezza et dalla gratia di quello che à saputo far questo suo divino ingegnio, sono stato fino a ora ogni dì seco, et aviano acteso a i disegni del ponte Sta. Trinita, che ci à ragionato su assai, che ne porterò memoria di scritti et disegni secondo l’animo suo, con le misure ch’gli ò portate secondo il sito, et molti ragionamenti fatti delle cose dell’arte, per poter finire quel Dialogo che già vi lessi, ragionando lui et io insieme. Avian cavalcato una volta in conpagnia a San Piero, dove mi à mostro molte dificultà, et così il modello che fa fare di legname della cupola et lanterna, il quale è una cosa bizzarrissima et straordinaria: et in verio io ne avevo bisognio, et di rinfrescar gli ochi, perchè mi sento da e tagli di qeuste cose, che io veggo, aguzzar l’ingegnio. Iersera per ultimo gli portai la lettera di V. E. I. la quale letta mi disse che non è pago con V. E. I., di tanti favori, che non sa come havere a pagarne una minima parte; che credeva che V. E. gli bastassi aver mandato qui me, et che io vi ringratii per parte sua. Così sian rimasti per lunedì et martedì di negotiar il modello della sala grande, così l’inventione delle storie, che ò meco ogni cosa: et per tanto quanto posso mentre starò seco, farò di cavarne tutto quello che avian di bisognio: et se gli succede altro, V. E. I. mene facci far motto; perché doppo l’ottava sarò di ritorno, steso che le cose di palazzo non caminerebbano inanzi. Restami a dirle se scade che io provegga anticaglie o cose grosse di pili o d’altro, mentre son qui, che lo farò. intanto io vado cercando delle figurine di bronzo per lo scrittoio, dico delle buone; che trovandone vedrò di averne et porterolle. Io non scriverò li successi delle cose di c orte, avengha che questa fatica sarà da chi fa il mestiero; me le dico bene chel Cardinale è adorato ed è un soggetto da farsi grandissimo; che tutto V. E. I. ne renda gratie a Dio, il quale velo esalti insieme con la felicità sua in quella grandezza, ch’io ò visto gli altri eroi di casa Vostra Illustrissima, et con questo finisco, pregandola ch’io non gl’esca di memoria, come sempre ò scolpito lei nel mezzo del core.
Di Vostra eccellenza IllustrisIllustrissima Umilissimo Servitore Giorgio Vasari Pittor Aretino
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19 Aprile 1560 da Pietrasanta. Risposta di Cosimo I a Giorgio Vasari
A Giorgino Pittore
Habbiamo letta volentieri la vostra di IX, sì per lo ragguaglio che ci date honorato del nostro Messer Michelagnolo, come per quello che ci promettete del modello della Sala grande. In risposta non ci occorre altro che ricordarvi a procurare insieme col Vescovo di Pistoia di mandarci nel meglior modo che vi sarà possibile una colonna, che si trova a Ripa, già del Sangallo, hoggi nostra, et che il prefato Vescovo ne è benissimo informato, se anco poteste buscare qualche bella pietra grossa, che ci saria molto grata; d’altre anticaglie non pigliate cura.
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Dopo aver visionato il disegno di Michelangelo, Cosimo I affronta il problema economico e promette ai fiorentini di Roma che non mancherà di provvedere:
30 Aprile 1560 da Pisa. lettera di Cosimo I ai Deputati sopra la fabbrica della chiesa dei Fiorentini a Roma
Il disegno della Chiesa della nostra Natione, che voi ci havete mandato per le mani di Tib. Calcagni, è stato proprio fattura di messer Michelagnolo, non vi si potendo aggiungere cosa alcuna, nè diminuire, a noi ha sommamente dilettato, parendoci degno di quello huomo eccellentissimo. et desser posto in essecutione da una Natione come quella. Anderemo pensando a’ modi che ci proponete per valersi di parte della spesa, et ce ne risolveremo ben presto; nè mancheremo per quel che tocca a noi di fare quanto conviene.
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30 Aprile 1560 da Pisa. Lettera di Cosimo I a Michelangelo
Il lodare quel che esce dalla vostra mano, sarebbe certo modo un detrarli, non si potendo darli lode abastanza; però senza cadere in questo errore, vi diciamo solamente che il disegno vostro peer la Chiesa della Natione ci ha innamorati sì che ci dispiace di non vederelo in opera perfetta, et per hornamento et fama della Città nostra, et anco per la vostra eterna memoria, che ben la meritate, sichè aiutate a porla in essecutione, et rendetevi certo che noi non perderemo occasione alcuna per li commodi vostri et per farvi ogni honore.
Gaye III pdf. 63
I lavori subiscono una nuova battuta d’arresto, probabilmente per la morte di Cosimo I. Viene decido di abbandonare il progetto originale e di incaricare Giacomo della Porta, l’allievo di Michelangelo che completò la cupola di S. Pietro. Come si legge dalla seguente lettera, il della Porta, ormai anziano, dovrà affrontare la resistenza del nuovo granduca a coprire le spese, nonostante avesse abbandonato il vecchio progetto di Michelangelo:
7 Novembre 1600 da Roma. Lettera di Giacomo della Porta a Ferdinando I
Dal signor Emilio de’ Cavalieri ho inteso che V. A. haverebbe desiderio che il modello del Tempio (la chiesa di S. Giovanni dei Fiorentini ndr.) fusse stato terminato senza colonne e con pilastri, sì come già molti mesi sono mene scrisse per parte di V. Alt. Serma. V.A. si deve ricordare che in galleria me ordinò che facesse fare il modello del Tempio a M. Giov. Battista, intagliatore, conforme al disegno che V. A. teneva davanti, presente Madama et il Sig. Don Giovanni, et mi ordinò che lo facesse fare a mio gusto, con tutti quelli adornamenti che a me pareva, et che fosse bellissimo et che non guardasse a spesa, et che fosse bellissimo et che non guardasse a spesa, et che il pagamento si facesse a stima; si trattò anco di farlo per metà, per non far tanta spesa, e V. A. risolvè di suo motu proprio che lo voleva di tutto tondo. Quando il sgr. Emilio me scrisse il desiderio di V. A. di volerlo senza colonne, non si era in termine di poterlo fare, poichè di già era terminata quella parte dove sono le colonne, et oggi si può ridurre medemamente come quando il sgr. Emilio mi scrisse. quello ch’io feci per servire a V. A. fu un disegno con pilastri, quale mandai a Fiorenza, et mi dice il sig. Emilio che diede sadisfatione a V. A., et che oggi si ritrova in mano del sigr. Giaches. A me dole infenitamente di sentire che V. A. resti disgustata non solo del modello che sia fatto con le colonne, ma anco che si sia fatto troppa spesa, nelle quali due cose io ho caminato col ordine che V. A. mi diede in voce, et sono andato a rilento nel far dar quattrini a M. Gio. Batista, poichè non à havuto a conto di questo modello si non duicento scudi, quando si verrà alla stima, V. A. cognoscerà che sarà avantaggiato di qualche cento di scudi, essendo M. Giov. Batista huomo trattabile et servitor devotissimo a V. A. S. La suplico a volermi far gratia di farsi condurre in detto modello, et spero che le habbia a dar sodisfatione mirabile, poichè tengo non sia mai fatto cosa in questo genere meglio fatta, più nobile e più bello di questo tempio, e come lo vedono habbia a restar contentissimo: et per essere il modello di tutto tondo et in dua parti euguali, quando V. A. si vorrà sodisfare di farne una di questi parti con i pilastri con il disegno che si ritrova a Fiorenza, serà molto breve di poter accomodar quella parte dove V. A. non vorrebbe le colonne, e farla fare in Fiorenza conforme al gusto di V. A. M. Giov. Batista per haver bona famiglia et figliuole da marito, desidererebbe esser sodisfatto, et ne supplica humilissimamente a V. A. S., dicendomi che si ritrova qualche debito; del qual pagamento lui dice che se rimette in tutto e per tutto in V. A., la qual ancor io supplico che voglia mandar ordine che resti sodisfatto. et sebene V. A. fusse risoluto che in Roma si mettesse una di queste parti a pilastri, che in questo supplico V. A. a farlo fare in Fiorenza, con tutto ciò saria
necessario terminare il pagamento del modello già finito. Come V. A. vedrà il modello, giudicherà che mai da Antichi nè Moderni è stato fatto un tempio di simil bellezza, et la sappia che molti Cardinali et personaggi et homini intelligenti, che lo hanno veduto, sono restati admirati di un’opera fatta con tanto ordine et architettura, et ornata di tanti nuovi ornamenti s’ dentro come fuora, come V. A., spero, vedrà. potrassi mettere le armi della Città, et anco tante pietre dure per incrostare che chi non viene alle misure non lo puol giudicare, come arrivi il modello alla presenza di V. A. saprà dir tanto ben le sue ragioni, che sono sicuro ne resterà contentissimo, e tengo che non se le potrà opporre, essendo fatto con tutti gli ordini del architettura, con i suoi lumi et con tutte le considerationi possibili, tanto per di dentro come per disopra, et anco si è hauto risguardo alla spesa, et facendo humilissima reverenza a V. A. S. resterò pregando il sig. Iddio per la sua felicità.
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Neppure il Della Porta portò a termine la chiesa. La facciata venne progettata da Alessandro Galilei, architetto di corte di Cosimo III prima e di Giangastone poi.
Autore
Paolo Piccardi