Giovanni Battista Moroni ritratto di uomo con lettera 1570 detailIl Cinquecento è il secolo della teorizzazione e dei precetti, dei trattati che disputano su ogni argomento. L’ideale di perfezione formale irradia la cultura delle corti rinascimentali in tutta l’Europa occidentale. In Francia il prestigio italiano è garantito dall’ascesa di Caterina de’ Medici mentre in Italia è il secolo del dominio straniero col primato della cattolicissima Spagna. Le basi umanistiche della morale cattolica s’impregnano sempre più di fervore religioso e in quest’ottica il Concilio di Trento, tra il 1545 e il 1563, segnerà un decisivo spartiacque nei costumi italiani e occidentali. Tale passaggio storico si riflette il carattere dell’abbigliamento tanto che nella prima parte del secolo XVI si impone una “maestà corposa” nella linea e nella materia che lascia spazio ad una vasta varietà di fogge.

 

Pontormo Cosimo I vestito in nero a 19 anni 1538
Pontormo, Cosimo I vestito in nero a 19 anni, 1538

 

I colori si fanno vivi e maestosi quali il verde, l’azzurro, il rosa e si assiste alla grande ascesa del nero come si può osservare in molti ritratti del Bronzino e del Pontormo. I materiali sono il panno di lana, il velluto e il taffetà di seta, d’estate il leggerissimo ermisino o il raso. All’inizio del secolo l’abito maschile, almeno fino al 1530, la linea si assottiglia, abbandona i grandi volumi e abbraccia le vesti tagliate, o meglio “accoltellate”, che Leonardo tanto deprecava, indotte dalla moda germanica. Le decorazioni sono spesso in oro, in argento o a rilievo realizzati su stupendi velluti mentre il disegno modellistico s’ispira spesso ad angoli e linee aguzze. Poi si afferma, soprattutto per gli uomini, la moda del colore nero monocromo, ravvivato appena dai tocchi bianchi delle gorgiere e dei polsini di merletto o, in particolare sugli abiti destinati all’uso marziale, da qualche nastro dorato o argenteo intorno alla bottoniera. Nel famosissimo trattato del 1528 di Baldassarre Castiglione “Il libro del cortegiano” si afferma: “Piacemi ancor sempre che tendano un poco più al grave e riposato, che al vano; però parmi che maggior grazia abbia nei vestimenti il color nero, che alcuno altro; e seppur non è nero, che almeno tenda al scuro”. Con queste parole Castiglione esalta il valore del nero. In più nel Cinquecento si ha la dominanza dei ritratti in nero nella tradizione iconica italiana. Ma perché la scelta di questo colore? Semplice: la selezione del nero consegue da un’opzione primaria legata alle sue pertinenze e referenze estetiche ed etiche: è il colore della gravitas e della tranquillità d’animo. Il vestito nero è l’uniforme quotidiana del gentiluomo: icona simbolica, segno di un’appartenenza culturale.

 

Bronzino giovane con libro 1540 
Bronzino, giovane con libro, 1540

 

L’influsso del costume militare risulta in quest’epoca molto importante nell’evoluzione dell’abito maschile e la moda mutuata dalle strane vesti dei Lanzichenecchi esprime una logica funzionale con lo strategico taglio del tessuto sui punti del corpo sottoposti a piegamento e sforzo come gambe e dorso. Le forme create per le gambe, ovvero calze e cosciali, diverranno veri e propri calzoni. Il dorso si “sveltisce” con corti farsetti più o meno imbottiti magari coperti da brevi mantelli semicircolari, ovvero le cappe, spesso decorate come l’abito. Questa base modellistica rimarrà simile nei secoli XVI e XVII con variazioni solo nella foggia.

 

Giovanni Battista Moroni farsetto nero e maniche di seta nel ritratto di Prospero Alessandri 1560
Giovanni Battista Moroni, farsetto nero e maniche
di seta nel ritratto di “Prospero Alessandri”, 1560

 

In pochi anni dunque, aderendo al modello spagnolo ormai dominante, l’aurea mediocritas dello stile italiano cambierà segno. Pur restando l’assolutezza del nero, la grande enfiatura dei calzoni “alla castigliana”, la gorgiera e i polsini sempre più esuberanti, il basco o la vistosa berretta a tozzo, la cappa corta, porteranno la linea verso una forzatura, un eccesso, con una sostanziale perdita di grazia e decoro. Il nero dell’abito è solo in apparenza unito e privo di colore. Tessuti diversi: velluti lavorati con raso o taffetas, che nel gioco delle fasce verticali, creano un effetto di decorazione di estrema ricercatezza, sottolineata dal candore del collo e dei polsini, arricciati in una discreta gorgiera. Nella seconda metà del XVI secolo la dominazione spagnola e il rigore controriformista irrigidiscono ancor più la testa che, intirizzita dall’alto colletto, s’infossa nella gorgiera, accessorio che sarà sempre più protagonista al volgere del secolo. I pizzi al collo, ingentiliti dalla finezza della lavorazione, divengono veri capolavori creati ad ago o a tombolo, dalla maestria artigianale delle merlettaie fiorentine o veneziane.

 

 

 

I Cavalieri di Parte Guelfa

L’abito indossato dai cavalieri di Firenze è tipico degli indumenti utilizzati agli inizi del XVI secolo dalla nobiltà italiana. La giacca, detta “alla massimiliana” in onore di Massimilano I d’Asburgo imperatore del Sacro Romano Impero, riprende la foggia dei costumi delle figure a cavallo già presenti nel corteo ricostituito a partire dal 1930 quali il Maggior General Sergente delle Milizie, il Comandante della Compagnia del Vaio, i Comandanti e Colonnelli delle Bande a Cavallo e le Lance Spezzate.

 

Nobile del Corteo Storico della Repubblica Fiorentina a cavallo vestito con petto darmi e giacca alla massimiliana
Nobile del Corteo Storico della Repubblica Fiorentina a cavallo vestito con petto d’armi e giacca “alla massimiliana”

 

L’abito uniforme del cavaliere della Cavalleria della Repubblica Fiorentina è in velluto e si compone dunque di un farsetto nero lungo che dalla vita in giù termina in una sorta di gonnellone secondo l’uso di Massimiliano I ed ha maniche e pantaloni neri con tiracchi verdi scuri, basco nero e stivali sotto il ginocchio e cinturone in cuoio color testa di moro. I bordi della giacca e le fermature dei tiracchi dei pantaloni sono bordate da un nastro in oro antico. I cavalieri di Firenze possono portare petto e schiena d’arme oppure un giustacuore in cuoio unitamente alla spada da lato e a un pugnale alla bolognese.

 

Giorgio Vasari Trionfo su Siena dettaglio di cavaliere con giustacuore in cuoio e pantaloni con pantaloni bordati in oro 1565
Giorgio Vasari, Trionfo su Siena, dettaglio di cavaliere con giustacuore in cuoio e pantaloni con pantaloni bordati in oro, 1565

 

 

 

I Dignitari di Parte Guelfa

 

I Dignitari della Cavalleria di Firenze, ovvero gli incaricati di funzioni dirigenziali non prettamente marziali, sfilano normalmente a piedi e indossano un abito storico simile in tutto a quello dei cavalieri ma portano sulle spalle un lucco di velluto verde scuro. Tra i Dignitari emergono le figure del Conservatore che ha l’incombenza di portare in corteo i sigilli della Parte Guelfa di Firenze, l’Araldo della Parte Guelfa che si occupa di gestire il cerimoniale del gruppo e il Vessillifero che gestisce le bandiere della Cavalleria Fiorentina.

 

Tiziano ritratto di Federico II Gonzaga che indossa un farsetto alla massimiliana bordato di nastro dorato 1529
Tiziano, ritratto di Federico II Gonzaga che indossa un farsetto “alla massimiliana” bordato di nastro dorato, 1529

 

Nella processione in Piazza del Duomo illustrata da Giovanni Stradano nel 1561 nella Sala di Gualdrada i colori degli abiti dei patrizi fiorentini sono in genere neri o di colori scuri. Si notano lucchi, mantelli lunghi e cappe alla spagnola dotate di cappuccio decorativo.

 

Giovanni Stradano Processione in Piazza del Duomo Sala di Gualdrada in Palazzo Vecchio 1561
Giovanni Stradano, Processione in Piazza del Duomo, Sala di Gualdrada in Palazzo Vecchio, 1561

 

 

Gli Armati di Parte Guelfa
 

L’abito degli armati, figure già largamente presenti nel corteo storico di Firenze, è composto da un farsetto corto con schiena e maniche in panno nero e con pettorina in velluto verde, pantaloni in panno nero con tiracchi, basco nero, stivali sotto il ginocchio e cinturone in cuoio color testa di moro. La figura dell’armato della Cavalleria porta normalmente un petto d’arme o pettorina in cuoio e si distingue per la dotazione di un brocchiere e di un falcione senza fodero. Gli Armati di Parte Guelfa costituiscono il corpo che svolge ogni attività di protezione a terra della Cavalleria della Repubblica Fiorentina. Il reparto è comandato dal Connestabile e ne segue le disposizioni.

Romanino particolare con giacca bicolore e basco nero nellaffresco castello del Buonconsiglio a Trento 1531 
Romanino, particolare con giacca bicolore e basco nero nell’affresco castello del Buonconsiglio a Trento, 1531

 

Giovanni Battista Moroni ritratto di uomo con lettera 1570
Giovanni Battista Moroni, “Ritratto di uomo con lettera”, 1570

 

 

Gli Staffieri di Parte Guelfa

 

Gli Staffieri di Parte Guelfa sono preposti ad ogni questione logistica della Cavalleria della Repubblica Fiorentina e i loro abiti riprendono in tutto volumi e fogge già presenti nel corteo. Il semplice vestito degli staffieri si compone di un farsetto in panno nero con maniche intarsiate di velluto verde e pantaloni in panno nero con tiracchi, basco nero, stivali sotto il ginocchio e una semplice cintura in cuoio color testa di moro. Gli staffieri svolgono anche il delicato compito di controllare i cavalli che sfilano in parata e non sono dotati di alcuna arma.

 

Bronzino giovane con liuto 1538 
Bronzino, giovane con liuto, 1538

 

Santa Maria Novella 1902 cavalleria fiorentina 1 
La Cavalleria Fiorentina schierata in Santa Maria Novella nel 1902

 

Santa Maria Novella 1902 cavalleria fiorentina 3

La Cavalleria Fiorentina schierata di fronte alla Loggia di San Paolo in Santa Maria Novella nel 1902

 

 

 

 

Autori

 

Riccardo Mugellini e Andrea Claudio Galluzzo

 

 

 parte guelfa definitivo per sfondi bianchi