L’ecologia integrale passa attraverso la rigenerazione del bene comune. La questione ambientale è, prima di tutto, questione sociale, come ha ben evidenziato l’enciclica “Laudato Sì” di Papa Francesco, e dunque occorre parlare di questione ecologica o, meglio, di ecologia integrale. Pertanto, guardando alle cause e alle possibili soluzioni di tale questione, che concerne il pianeta terra e l’umanità intera, siamo chiamati a vivere una conversione integrale, da parte di tutti ed a tutti i livelli. Questo è l’indirizzo fornito da Giannozzo Pucci di Barsento, Cavaliere e Senatore di Parte Guelfa, per la quale svolge, con naturale autorità, il ruolo di guida filosofica.

L’illuminato Giannozzo di agricoltura si è sempre occupato essendosi inoltre distinto, tra i primi in Italia, nel recupero delle razze animali toscane minacciate dall’estinzione ed è stato il promotore della Fierucola, manifestazione che può essere considerata l’antesignana degli innumerevoli mercati a chilometro zero oggi diffusi in tutto il Paese. La Fierucola ha il merito di promuovere l’agricoltura biologica di piccole aziende familiari e l’artigianato tradizionale naturale. Giannozzo Pucci ha lottato tutta la vita organizzando convegni su alimentazione, salvaguardia della biodiversità, laboratori di manualità per ragazzi, corsi di artigianato e pubblicazioni sulla vita rurale.

Nato a Firenze nel 1944 in una famiglia di chiara ed antica nobiltà, il marchese Giannozzo Pucci di Barsento ha giocato spesso d’anticipo rispetto all’opinione pubblica. È stato tra i pionieri del movimento antinucleare e animatore delle Liste Verdi nella stagione aurorale degli anni Ottanta. Intuitivo ed eclettico, non ha mai cercato cariche ed è sempre stato pronto a lasciare presidenze e titoli quando si è accorto che la spinta ideale stava cedendo il posto all’opportunismo. In compenso, ha collezionato un’invidiabile serie di incontri con figure straordinarie, dalla mistica Angela Volpini a Lanza del Vasto, che lo ha iniziato alla nonviolenza, dal filosofo Ivan Illich a Masanobu Fukukoa, Wendell Berry, Vandana Shiva e altri protagonisti del pensiero ecologista. “Mi sono convinto abbastanza presto che dovevamo smetterla di parlare di economia alternativa. A essere alternativa è semmai la tecnica, con la sua pretesa di contraddire i princìpi della morale naturale che ritroviamo nella morale cattolica. Bisogna prestare ascolto alle costanti universali di cui papa Francesco si è fatto portavoce mediante la Laudato Si’. Lo dico con piena convinzione: quell’enciclica è il gesto più importante che la Chiesa abbia compiuto negli ultimi secoli. Al tema dell’ambiente, che molti si ostinavano a considerare marginale, è stata riconosciuta un’urgenza etica che finalmente è sotto gli occhi di tutti e che nessuno può più permettersi di ignorare”.

Sono le considerazioni che stanno all’origine di “La rigenerazione del bene comune“, il pamphlet-manifesto con il quale Pucci ha lanciato la sua “visione ecologica di governo” e che è divenuta per Parte Guelfa una sorta di preziosa appendice al suo antico statuto. Come i precedenti, tra cui spicca “La rivoluzione integrale” del 2017, anche il libro attuale è edito dalla Libreria Editrice Fiorentina, la storica sigla nota per le opere di don Lorenzo Milani che Pucci ha rilevato nel 2004. “Di solito ci si preoccupa di proclamare la propria laicità, ma la Lef non è affatto una casa editrice laica nel senso di distaccata fino all’indifferenza. Diffondere un messaggio ci interessa più che vendere migliaia di copie”. A proposito di laicità: il filo conduttore della “Rigenerazione del bene comune” è costituito da un’originalissima rivisitazione delle opere di misericordia corporale. “Che per me sono un programma politico, non una rassegna di gesti devozionali o, peggio, un catalogo di buone maniere – rivendica Pucci –. L’unico modo per uscire dal conflitto tra le libertà individuali e lo Stato sta nel riconoscimento della comunità come luogo di autentica sovranità. Non sono io a sostenerlo, è la Costituzione a farlo quando, all’articolo 2, “riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali“. Questo non è un ideale astratto, è un’indicazione di governo che proprio attraverso le opere di misericordia può trovare applicazione concreta”. Si parte dai basilari «dar da mangiare agli affamati e da bere agli assetati», che Pucci integra con notazioni aggiornate alla situazione contemporanea. «Il cibo dev’essere sano – afferma – e l’acqua va sottratta da ogni forma, anche surrettizia, di privatizzazione. Senza dimenticare che l’esigenza di mettere le risorse idriche al riparo da contaminazione e inquinamento. Prima di donare qualcosa, insomma, occorre essere sicuri della sua salubrità. Se così non è, ci si impegna per rimediare”.

Come? “Anzitutto organizzandosi – ribadisce Pucci – e riconoscendo le competenze di chi, vivendo nel territorio, può suggerire interventi ancora più efficaci di quelli escogitati dagli esperti di turno. È in questo senso che si dovrebbe rivitalizzare la virtù ancestrale dell’ospitalità, a sua volta censita tra le opere di misericordia. Le città hanno trasformato tutti noi in pellegrini, adesso sta a noi di reagire rendendo nuovamente ospitali case e città. Il tratto distintivo di questa azione comunitaria sta nel superare l’iniziativa episodica per puntare al disegno d’insieme. Si visitano veramente gli ammalati riducendo l’impatto delle malattie e si visitano i carcerati coinvolgendoli nella transizione ecologica. Quanto al “vestire gli ignudi” non possiamo dimenticare come l’industria della moda a buon mercato abbia responsabilità impressionanti nello sfruttamento dei lavoratori e nell’inquinamento”. La rimodulazione più sorprendente riguarda la sepoltura dei morti. “Qui è la riflessione sullo scarto che si impone – avverte Pucci –. Ridurre i rifiuti comporta la necessità di evitare che la morte venga rifiutata. Le conseguenze sono molte, compresa quella di superare il modello delle necropoli standardizzate per tornare ai piccoli cimiteri di campagna, dove i corpi vengono affidati alla terra nudi o tutt’al più in sacco di tela, in modo da essere riassorbiti dolcemente nel ciclo della natura. In parallelo, i disastri causati dal meccanismo dell’obsolescenza programmata possono essere contrastati introducendo l’obbligo della riparabilità. Anche gli oggetti, come gli esseri umani, vanno sottratti alla logica dello scarto”. Nella “Rigenerazione del bene comune” Giannozzo Pucci si limita a elencare una serie di spunti, che chiedono di essere attuati nei diversi contesti. “Il pericolo da scongiurare – conclude – è che ci si pensi illuda di sostituire un metodo con un altro metodo, magari un po’ più virtuoso. Il vero bene comune, infatti, è un’esperienza di comunità, non una buona pratica alla quale adeguarsi”.

 

Autori

Alessandro Zaccuri e Andrea Claudio Galluzzo